Recentemente ho visto al cinema “Perfect Days” di Wim Wenders (2023).
Il film, che mi è piaciuto molto, può essere sintetizzato con la parola giapponese “Komorebi”.
La parola “Komorebi” compare nell’ultima immagine proiettata del film, alla fine dei titoli di coda, con una breve didascalia che ne spiega il significato.
Con quest’unica parola in Giappone indicano la luce che filtra attraverso le foglie degli alberi, intesa – credo – sia come immagine reale che come concetto simbolico, come metafora. “Komorebi” ci ricorda, infatti, che ogni istante è unico e sfuggente.
Non voglio raccontare il film, di cui consiglio a tutti la visione, ma condividere le riflessioni che ne sono scaturite.
A fine visione, mi sono, infatti, chiesta quanto la mia esistenza potesse dirsi piena o intensa; o quanto piuttosto fosse un susseguirsi di momenti di attesa, di intermezzo tra un avvenimento, più o meno significativo, e l’altro.
E mi sono accorta che passo le ore in ufficio aspettando che arrivi quella per tornare a casa. Che passo i giorni compresi tra il lunedì e il venerdì in ufficio aspettando che arrivi il fine settimana. Che passo gli anni in ufficio aspettando di andare in pensione.
Contemporaneamente ho realizzato che le ore in ufficio rappresentano quasi il 60% di quelle della giornata, al netto delle ore di sonno. Ho realizzato che i giorni compresi tra lunedì e venerdì rappresentano oltre il 70% di quelli della settimana. Ho realizzato che quando andrò in pensione avrò 70 anni.
E mi sono chiesta se è così che intendo passare i prossimi anni: in attesa.
Poi, però, ho pensato che se metto cura, se non addirittura amore, in tutto ciò che vivo e faccio, allora la mia vita sarà più “densa” e nessun momento potrà dirsi sprecato. Se mi godo le lenzuola fresche di bucato nel letto, l’acqua calda della doccia al mattino, il profumo del caffè che esce dalla moka, il raggio di sole che mi scalda attraverso il finestrino dell’auto, la canzone che passa alla radio, le chiacchiere alla macchinetta del caffè con i colleghi, la possibilità di indossare un abito carino di qualche anno fa che mi entra ancora, un report ben fatto, l’aver fatto del mio meglio a lavoro, l’aver aiutato i colleghi a fare del loro meglio a lavoro… Insomma, se mi ricordo di apprezzare tutte le cose belle che mi capitano, senza darle per scontate, la mia vita sarà più piena e felice.
“- Ma dove si trova la felicità?
– Nei posti belli, nelle tovaglie di fiandra, nei vini buoni, nelle persone gentili.”
(“La pazza gioia” di Paolo Virzì; 2026)
Per citare un altro film di cui consiglio la visione.
Questo è, quindi, il mio proposito per il futuro e ciò che auguro a tutti: non lasciamo più che questi momenti passino senza che farci caso e siamo(ne) grati.
Aspetto le vostre considerazioni nei commenti!
Grazie.
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